DISTANZE LEGALI E LE STRUTTURE ACCESSORIE

CASSAZIONE

La Corte di Cassazione, ritiene che le strutture accessorie di un fabbricato non meramente decorative e dotate di dimensioni consistenti e stabilmente incorporate al resto dell’immobile vanno computate ai fini delle distanze legali.

Con la sentenza del 20/04/2022, n. 12614 (allegata per i Collegi associati), ha premesso che in tema di distanze legali, esiste, ai sensi dell’art. 873 c.c., una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata. I regolamenti comunali, pertanto, essendo norme secondarie, non possono modificare tale nozione codicistica, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell’art. 873 c.c. ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore. Pertanto non assume decisività il riferimento alle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune al fine di stabilire quando un balcone rilevi nel computo della distanza legale, ovvero se abbia, come nel caso di specie, un aggetto massimo di m. 1,20.

La Corte ha specificato che le strutture accessorie di un fabbricato, non meramente decorative ma dotate di dimensioni consistenti e stabilmente incorporate al resto dell’immobile, costituiscono con questo una costruzione unitaria, ampliandone la superficie o la funzionalità e vanno computate ai fini delle distanze fissate dall’art. 873 c.c. o dalle norme regolamentari integrative. La straordinaria non computabilità, ai fini delle distanze, di elementi della costruzione può quindi riguardare solo quegli sporti o aggetti che non siano idonei a determinare intercapedini dannose o pericolose, consistendo in sporgenze di limitata entità, con funzione complementare di decoro o di rifinitura, mentre vengono in considerazione le sporgenze, implicanti, perciò, un ampliamento dell’edificio in superficie e volume, come, appunto, i balconi formati da solette aggettanti (anche se scoperti) di apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza.

Nel caso di specie la soletta realizzata nella proprietà del ricorrente si estendeva lungo tutto il perimetro del fabbricato ed era sovrastata per intero dalla copertura del tetto, con il quale formava una struttura “a triangolo” che concretizzava un ampliamento del manufatto di cui correttamente la Corte d’Appello aveva tenuto conto nella misurazione delle distanze.

 CASSAZIONE

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