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Il decreto della Direzione Generale Salvaguardia del Territorio e delle Acque del Ministero dell’Ambiente che approva la graduatoria dei progetti ammessi al finanziamento della progettazione preliminare e definitiva degli interventi di rimozione dell’amianto dagli edifici pubblici è stato pubblicato in GU il 21 agosto scorso. Sono circa 870mila euro per 140 interventi in oltre 100 Comuni e saranno destinati agli edifici pubblici nei quali debbono essere svolti interventi di rimozione e smaltimento dell’amianto e del cemento-amianto presente in coperture e manufatti.
E’ possibile portare in detrazione le spese per un intervento combinato per la riqualificazione energetica e la riduzione del rischio sismico (ecobonus+sismabonus) di un edificio in caso di cambio di destinazione d’uso? Questa la richiesta di un utente.
Con l’interpello n. 293/2019 l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che si ha diritto alla detrazione combinata ecobonus+sismabonus per interventi di efficientamento energetico e messa in sicurezza antisismica che presuppongano il cambio di destinazione d’uso di più unità immobiliari, ma solo nel caso in cui vengano rispettate le seguenti condizioni:
1 – Cambio destinazione d’uso
In base alla circolare n. 7/E del 27 aprile 2018, le opere di ristrutturazione edilizia comportanti la realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, sono da considerare di trasformazione urbanistica e come sono assoggettate al preventivo rilascio del titolo edilizio.
Pertanto, condizione necessaria affinché il contribuente possa usufruire delle detrazioni d’imposta per trasformare un immobile ad uso non abitativo in uno abitativo è che nel provvedimento amministrativo che assente i lavori deve risultare chiaramente che gli stessi comportano il cambio di destinazione d’uso del fabbricato in abitativo.
2 – Detrazione per interventi combinati
In riferimento alle detrazioni per l’intervento combinato di riduzione del rischio sismico e di riqualificazione energetica di un edificio, le Entrate richiamano l’art. 1, comma 3, lett. a), n. 7) della legge di Bilancio 2018, in base al quale per le spese sostenute per gli interventi su parti comuni di edifici condominiali ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica, spetta in alternativa alle detrazioni previste, una detrazione
- nella misura dell’80%, ove gli interventi determinino il passaggio ad una classe di rischio inferiore
- nella misura dell’85% ove gli interventi determinino il passaggio a due classi di rischio inferiori.
La predetta detrazione è ripartita in 10 quote annuali di pari importo e si applica su un ammontare delle spese non superiore a euro 136.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio.
3 – Parti comuni
Viene, inoltre, chiarita la perplessità espressa dall’interpellante circa la possibilità di fruire della detrazione pur in assenza di un effettivo condominio.
Sempre nella circolare n. 7/E del 27 aprile 2018 viene precisato che sia ai fini delle detrazioni per lavori volti alla riduzione del rischio sismico che ai fini della detrazione delle spese per interventi di riqualificazione energetica, per “parti comuni” si intendono quelle riferibili a più unità immobiliari funzionalmente autonome, ossia distintamente accatastate, a prescindere dall’esistenza di una pluralità di proprietari.
Nel caso in esame, la condizione soggettiva di unico proprietario, sebbene l’acquisto sia stato effettuato in comproprietà indivisa fra i due coniugi, risulta soddisfatta.
4 – Recupero del patrimonio edilizio e non nuova costruzione
Relativamente all’adozione delle misure antisismiche, anche per gli interventi combinati di riduzione del rischio sismico e di riqualificazione energetica, condizione necessaria è che l’intervento si configuri come recupero del patrimonio edilizio e non come nuova costruzione, in linea a quanto evidenziato con risoluzione n. 34 del 27 aprile 2018 delle Entrate.
Tale qualificazione delle opere edilizie spetta al Comune (o altro ente territoriale competente in tema di classificazioni urbanistiche) che, in sede di rilascio del titolo amministrativo che autorizza i lavori, asserisce che l’opera consiste in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente e non in un intervento di nuova costruzione.
5 – Limite di spesa
In riferimento all’applicazione del limite di spesa, come precisato con circolare n. 7/E del 2018, esso va attribuito a ciascuna delle unità immobiliari componenti l’edificio prima dell’intervento di ristrutturazione, anche nel caso in cui l’unità immobiliare su cui si effettuano i lavori non sia ad uso abitativo (nel nostro caso è un fienile).
CONSIGLIO SUPERIORE DEI LAVORI PUBBLICI – PARERE
La Corte di Cassazione si è pronunciata contraria all’applicazione dell’Imu sugli immobili che sono iscritti al catasto come ruderi. Con la sentenza n. 10122 dell’11 aprile 2019, ha dichiarato che è impossibile «assoggettare a Ici i fabbricati collabenti, iscritti nella categoria catastale fittizia F2».
Negli anni scorsi l’Agenzia aveva invece fatto recapitare ben 800 mila avvisi bonari ai proprietari di ruderi per chiedere il saldo delle tasse. La Corte di Cassazione ha escluso la possibilità di chiedere il saldo delle tasse e imposte su edifici fatiscenti, così come la possibilità di avere imposte sul valore venale del terreno dove sorge il rudere.
Il problema ora è che l’Imu sui ruderi non si paga solo per quelli iscritti al catasto edilizio. Molti sono i casi però di iscrizione di questi edifici al catasto terreni. Le Unioni montane avevano già sottolineato come il passaggio da catasto terreno a catasto edilizio non fosse obbligatorio.
Pensate che secondo un’indagine di Confedilizia il numero di ruderi in Italia è raddoppiato dal 2011 ad oggi. Fino ad oggi i proprietari avevano evitato il pagamento delle imposte provvedendo a scoperchiare il tetto, facendo diventare così l’abitazione un rudere. Una sentenza questa che ha un forte impatto sulle aree interne e montane disabitate, con molti proprietari di case che non possono più essere abitate e non hanno più valore.
Ricordiamo che per non pagare più l’Imu sui ruderi questi vanno iscritti al catasto. Per la Cassazione infatti non sono soggette a Imu «le unità iscritte in catasto per scelta del titolare, mentre per quelle non iscritte, non rientrando nella definizione di fabbricato, l’imposta sarebbe dovuta sulla base dell’area edificabile».
SENTENZA
Cass 10122/2019 depositata l’11.04.2019 – ICI non dovuta per i fabbricati collabenti, l’imposta non si deve pagare nemmeno sull’area in quanto è già edificata.
Nella Sentenza n. 10122 del dell’11 aprile 2019 della Corte di Cassazione, i Giudici di legittimità affermano che non si applica l’Ici ai fabbricati accatastati come unità collabenti (Categoria “F/2”).
Tale categoria di fabbricati oltre a non essere tassabili ai fini Ici come fabbricati in quanto privi di rendita, non lo sono neppure come area edificabile.
Ciò perché quest’ultima non rientra in nessuno dei presupposti ICI, trattandosi all’evidenza di area già edificata e dunque non di “area edificabile”.
Secondo i supremi giudici infatti “ … l’assunto del Comune … è errato in quanto la sottrazione ad imposta del fabbricato collabente, iscritto nella conforme categoria catastale F/2 (come quello di cui trattasi), in ragione dell’azzeramento della relativa base imponibile, non può essere superata prendendo a riferimento la diversa base imponibile prevista per le aree edificabili e costituita dal valore venale del terreno sul quale il fabbricato insiste, atteso che la legge (d. lgs. 504/92) prevede l’imposizione ICI per le aree edificabili e non per quelle già edificate; questa Corte ha già avuto modo di affermare che “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il fabbricato accatastato come unità collabente (categoria F/2), oltre a non essere tassabile come fabbricato, in quanto privo di rendita, non è tassabile neppure come area edificabile, sino a quando l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile, che da allora è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito” (Cass. n.23801 dell’l1/10/2017); la commissione tributaria regionale, avallando l’assunto del Comune; ha dunque effettivamente errato”.
La Corte quindi accoglie il motivo di ricorso.
Il decreto Sblocca cantieri è stato pubblicato il 18 aprile in Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore a partire dal 19 aprile 2019. Introduce le “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”. Molte le novità a partire dagli appalti, cui è dedicato il primo capo del decreto, volte a semplificare le procedure di gara e di aggiudicazione con varie modifiche al Codice dei contratti pubblici che vanno dall’istituzione di un regolamento unico e vincolante in sostituzione delle linee guida Anac attuali, alla velocizzazione delle procedure di gara per appalti di importo inferiore alle soglie comunitarie, sino allo sblocco della realizzazione delle opere pubbliche ritenute strategiche. Spazio dedicato anche agli interventi di ricostruzione nelle zone colpite da eventi sismici, attraverso la semplificazione della disciplina e l’introduzione di un regime autorizzatorio differenziato a seconda che si tratti di interventi “rilevanti”, di “minore rilevanza” o “privi di rilevanza”.
AGENZIA ENTRATE
La mancata o tardiva trasmissione all’ENEA delle informazioni sui lavori di ristrutturazione che comportano risparmio energetico non fa venir meno il beneficio della detrazione fiscale.
I chiarimenti sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 46/E in relazione agli interventi che accedono alla detrazione dall’imposta lorda di cui all’art. 16-bis del Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. 917/1986, come disciplinata dal citato art. 16 del decreto legge n. 63/2013.
COLLEGIO GEOMETRI E GEOMETRI LAUREATI PROVINCIA DI MODENA
Circolare formazione commissioni 2019